Le politiche commerciali di Trump, che molti osservatori hanno ribattezzato “dazi di Trump” quasi a enfatizzarne il lato personalistico, stanno erodendo le fondamenta del sistema multilaterale, partendo dagli alleati più stretti. Prima ha colpito i membri del proprio blocco commerciale, Canada e Messico, e ora sta intensificando gli attacchi contro l’Unione Europea con minacce di dazi del 50%. La sua strategia di negoziazione, guidata dall’ego personale e dall’immagine di “deal maker”, sta generando instabilità nei mercati e compromettendo l’affidabilità del debito americano.

I Dazi di Trump: La Demolizione del Sistema Commerciale Multilaterale

Nel panorama economico globale, la continuità delle politiche commerciali rappresenta uno dei pochi elementi di stabilità che sopravvivono ai cambi di governo. Tuttavia, l’amministrazione Trump sta sovvertendo questo principio fondamentale, adottando un approccio unilaterale che minaccia l’intero sistema commerciale internazionale. Le recenti azioni contro alleati storici come Canada, Messico e Unione Europea segnalano un cambiamento radicale nella postura americana, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’economia globale.

A metà del termine autoimposto di 90 giorni per raggiungere accordi commerciali con oltre metà dei paesi della Terra, il progresso dell’amministrazione è drammaticamente insufficiente. Solo il Regno Unito ha firmato un accordo limitato che riguarda pochi settori come auto di lusso, motori a reazione, carne bovina ed etanolo. I principali partner commerciali degli Stati Uniti – Canada, Messico, Cina, Unione Europea, Giappone e Corea del Sud – stanno ancora cercando una formula per placare l’amministrazione, senza successi significativi.

L’Attacco ai Partner Nordamericani

La strategia di Trump ha preso di mira innanzitutto i membri del proprio blocco commerciale. Nonostante l’esistenza dell’accordo USMCA (che ha sostituito il NAFTA), Canada e Messico sono stati sottoposti a tariffe punitive su acciaio e alluminio. Queste misure, giustificate con argomenti di sicurezza nazionale, hanno danneggiato gravemente le relazioni con i due principali partner commerciali degli Stati Uniti, creando fratture in un’area economica integrata da decenni.

I negoziati con i vicini nordamericani sono in stallo, senza progressi sostanziali per evitare i dazi “di liberazione” annunciati ad aprile. Le aziende manifatturiere si trovano ora ad affrontare costi imprevisti e incertezze logistiche, dovendo riorganizzare catene di approvvigionamento consolidate in tempi brevissimi. Il paradosso è che questi dazi stanno danneggiando anche i produttori americani, che dipendono da componenti e materie prime importate.

Il confronto con l’Unione Europea

La situazione con l’Unione Europea rappresenta l’esempio più evidente della disfunzionalità della strategia dei dazi di trump. Il 23 maggio, proprio mentre i negoziatori commerciali statunitensi ed europei stavano per tornare al tavolo delle trattative, Trump ha minacciato dazi del 50% sui prodotti europei a partire dalla settimana successiva, più del doppio rispetto alle tariffe minacciate ad aprile.

Finora, l’UE aveva offerto una combinazione di misure per placare i dazi di Trump: dall’acquisto di più energia americana alla cooperazione strategica in settori come semiconduttori, acciaio e automobili. L’ultimo ramoscello d’ulivo era accompagnato da un’offerta di tariffe zero-per-zero, che prevedeva l’abbassamento reciproco delle barriere commerciali primarie.

La risposta americana all’apertura europea è stata unilaterale: l’Europa deve tagliare le sue tariffe e smantellare l’intera struttura normativa e di sicurezza, mentre le tariffe statunitensi rimarrebbero in vigore. Dato che il problema, agli occhi di Trump, è che l’Europa vende più prodotti agli Stati Uniti di quanti ne acquisti, Bruxelles deve cedere, ma Washington non farà altrettanto. I progressi e le prospettive di questi colloqui possono essere misurati nella drammatica minaccia di venerdì di imporre tariffe più elevate sull’Europa rispetto a quelle attualmente applicate alla Cina.

Le Conseguenze Economiche dell’Approccio Caotico

L’approccio negoziale di Trump, caratterizzato da minacce pubbliche, ultimatum e repentini cambi di direzione, sta generando instabilità nei mercati finanziari globali. L’indice VIX, che misura la volatilità del mercato, ha registrato impennate significative in corrispondenza degli annunci di nuovi dazi, riflettendo il nervosismo degli investitori di fronte all’imprevedibilità della politica commerciale americana.

Particolarmente preoccupante è l’impatto sulla credibilità del debito statunitense. Le agenzie di rating hanno espresso preoccupazione per la sostenibilità fiscale degli Stati Uniti, considerando che le politiche protezionistiche tendono a ridurre la crescita economica complessiva, aggravando il già problematico deficit di bilancio. La percezione di instabilità politica e imprevedibilità normativa sta erodendo la fiducia degli investitori nei titoli del Tesoro americano, tradizionalmente considerati tra i più sicuri al mondo.

Il Fallimento della Strategia dei 90 Giorni

La promessa di Trump di concludere numerosi accordi commerciali in soli 90 giorni si sta rivelando irrealistica. A metà percorso, solo il Regno Unito ha firmato un accordo limitato, mentre i negoziati con tutti gli altri partner principali sono in stallo o addirittura in deterioramento. I funzionari dell’amministrazione continuano a vantare il numero e l’importanza dei futuri accordi commerciali, ma i risultati concreti sono finora deludenti.

Come ha osservato Simon Lester, avvocato specializzato in commercio internazionale che ha seguito con particolare diligenza i progressi e la trasparenza dell’amministrazione nei colloqui commerciali: “Forse possono fare una corsa nel quarto trimestre che li rimette in gioco, ma a metà tempo sembra che sia necessaria una nuova strategia”.

Reazioni Internazionali e Strategie di Adattamento ai Dazi di trump

Di fronte all’aggressività americana, i partner commerciali stanno sviluppando strategie difensive. L’India, sotto il primo ministro Modi (favorevole a Trump), potrebbe essere la più vicina al traguardo, ma rimangono ostacoli significativi. Trump ha affermato che l’India ha offerto di rimuovere tutte le tariffe, cosa che l’India ha negato. Tuttavia, l’India ha un piano in tre fasi per calmare Trump: prima evitare la minaccia immediata, poi passare a questioni sostanziali.

Altri importanti partner commerciali degli Stati Uniti sono meno fortunati in termini di sovrapposizione politica tra Trump e i loro leader, e hanno meno margine per placarlo. Giappone e Corea del Sud, entrambi alleati cruciali per la sicurezza degli Stati Uniti nell’Asia-Pacifico, stanno lottando con economie in rallentamento, poiché le loro economie orientate all’esportazione languono sotto l’ombra delle tariffe. Eppure entrambi sono riluttanti ad arrendersi completamente alle richieste americane.

Razionalità vs Personalismo nella Politica Commerciale

L’approccio di Trump alle negoziazioni commerciali sembra guidato più dall’ego personale e dall’immagine di “deal maker” che da considerazioni strategiche a lungo termine. I proclami su social media, le minacce pubbliche e i repentini cambi di posizione generano un clima di incertezza che penalizza sia le imprese americane che quelle straniere, costrette a navigare in un ambiente normativo imprevedibile.

La politica commerciale tradizionale si basa su analisi approfondite dei vantaggi comparati, delle dinamiche settoriali e degli impatti macroeconomici. L’attuale amministrazione sembra invece privilegiare vittorie simboliche a breve termine, come la riduzione nominale del deficit commerciale, a scapito della stabilità del sistema economico globale e della competitività a lungo termine delle imprese americane.

Particolarmente preoccupante è la rottura della continuità storica nella politica commerciale statunitense. Per decenni, amministrazioni sia repubblicane che democratiche hanno mantenuto un approccio relativamente coerente ai rapporti commerciali internazionali, basato sul multilateralismo e sulla progressiva liberalizzazione degli scambi. L’attuale inversione di tendenza rappresenta un elemento di instabilità sistemica che va oltre le fluttuazioni politiche ordinarie.

Conclusioni: Rischi Sistemici e Prospettive Future

Le politiche commerciali di Trump stanno minando le fondamenta del sistema commerciale internazionale costruito faticosamente nel dopoguerra. L’abbandono del multilateralismo, l’attacco agli alleati e l’imprevedibilità negoziale stanno creando fratture che potrebbero essere difficili da ricomporre, anche in caso di cambiamento politico futuro.

I mercati finanziari, tradizionalmente sensibili all’incertezza politica, stanno già mostrando segni di nervosismo, con possibili ripercussioni sulla stabilità economica globale. La perdita di fiducia nel debito americano rappresenta un rischio particolarmente grave, considerando il ruolo centrale del dollaro nel sistema finanziario internazionale.

In questo contesto, è essenziale che prevalgano razionalità e pragmatismo nelle future negoziazioni commerciali. La politica commerciale di uno stato è una delle poche aree che mostra continuità storica al cambiare dei governi, proprio perché riflette interessi nazionali profondi e strutturali, non preferenze politiche contingenti. Andare contro questa logica non solo è pericoloso per l’economia globale, ma rischia di danneggiare gli interessi strategici degli stessi Stati Uniti nel lungo periodo.

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